IL CASTELLO ATTRAVERSO I SECOLI.


Fondata negli ultimi anni del sec. XII dai trevigiani, Castelfranco sorse su di un terrapieno preesistente a ridosso del villaggio medievale della "Pieve Nova", nelle prossimità dell'incrocio tra le vie ro­mane Aurelia e Postumia.
La sua favorevole posizione geografica ne faceva un importante baluardo strategico-militare ai confini occidentali del Comune trevigiano, in un territorio allora fortemente soggetto a continue controversie militari. Una cinta muraria pressoché quadrata, a merlatura guelfa, con quattro torri angolari e quattro torri mediane con porte, caratterizzò ben presto la struttura del castello. Natale Melchiori, storico ed erudita locale, nonché pittore, del sec. XVIII, ricorda che la torre "dei morti" (l'attuale campanile del Duomo) e quella sopra porta Cittadella furono volute da Ezzelino da Romano negli anni del suo dominio.
Pianta di Castelfranco Veneto nel sec. XVII.
Un fossato ben più ampio dell'attuale, sopra al quale passavano quattro ponti in corrispondenza delle quattro porte, circondava il castello; ad Est e a Nord si stendevano due ampie spiazzate senza ostacoli chiuse da un altro fossato, a sua volta difeso da terrapieni o muraglie; a Sud e ad Ovest la vasta campagna era naturalmente difesa dal percorso del torrente Muson dei Sassi; altri canali, creati appositamente per portare le acque ai fossati difensivi, solcavano il territorio affiancando alcune strade.

L'impianto urbanistico all'interno delle mura rispecchia tutt'oggi piuttosto fedelmente l'originaria suddivisione a graticolato e a quartieri di derivazione militaresca, che delinea un tracciato regolare di vie e vicoli cui facevano capo l'antico palazzo pretorio e l'originaria chiesa "di dentro".
Per lungo tempo la vita cittadina fu regolamentata dalla disciplina militare, sebbene furono subito concesse delle franchigie che fecero di Castelfranco un porto franco (da cui, appunto, il nome), le quali nel volgere di pochi anni dovettero stimolarne la naturale propensione commerciale.
Venne, infatti, sin dal sec. XIII concesso lo svolgimento di mercati settimanali, che si tenevano nelle ampie piazze ad Est e a Nord fuori delle mura. 
La Piazza del Mercato
Accanto alle abitazioni, sorsero allora botteghe, laboratori artigianali e attività manifatturiere come quelle per la produzione di maioliche e di vetri (di quest'ultima ne rimane ancora oggi memoria toponomastica nel vicolo dei Vetri). 
Dei primi secoli di vita sopravvivono oggi poche altre testimonianze, rintracciabili qua e là, percorrendo vie e vicoli, nelle recuperate finestre gotiche o in decorazioni ad affresco conservatesi in alcune rare facciate di antiche case.
A partire dal sec. XIV, specie dopo il passaggio sotto Venezia, avvenuto nel 1339, e col graduale venir meno del sistema difensivo dei castelli, sorsero nuovi edifici dentro e fuori le mura. 
Ma fu soprattutto a cavallo tra i secc. XV e XVI che, specie attorno al castello, iniziò a delinearsi l'attuale struttura urbanistica.
 Di questo momento si ricorda la facciata di palazzo Bovolini-Soranzo con i suoi affreschi di scuola padovana, un tempo attribuiti anche a Giorgione. 
La Bastia Nuova ora Corso XXIX Aprile
Altre testimonianze si rintracciano in fregi decorativi affrescati all'interno di diversi palazzi e case, dei quali il più famoso è certo quello di casa Marta-Pellizzari, oggi ribattezzata Casa di Giorgione proprio per la presenza di due lunghi fregi da taluni dati al grande maestro e noti come i fregi delle Arti liberali e meccaniche. 
Se discussa è la paternità di questi fregi, tutta la critica concordemente riconosce la mano di Giorgione nell'esecuzione della perla più preziosa della città, la Pala del Duomo. Commissionata da Tuzio Costanzo all'artista, secondo la critica più tradizionale, alla morte del figlio Matteo avvenuta nel 1504, andava a decorare la cappella di famiglia nell'antica chiesa "di dentro". 
Capolavoro della pittura veneta del Cinquecento e unica opera di Giorgione, tra le pochissime certe, destinata al culto religioso, la Madonna di Castelfranco si custodisce ancora in un luogo sacro, che le permette di essere ammirata in un’atmosfera di rispettosa intimità che aiuta la comprensione dell'alta poesia del sommo maestro. 
Il patriziato veneto, da quasi due secoli, aveva iniziato ad investire in fondi terrieri della Castellana; questo, e i quasi tre secoli di pace che seguirono la Guerra di Cambrai, furono alla base del fenomeno del fiorire delle ville in campagna: il territorio sotto la giurisdizione di Castelfranco arrivò a contarne ben oltre una ventina. 
Tra le più rinomate ancora esistenti si ricordano villa Corner-Tiepolo a S. Andrea O.M., villa Emo a Fanzolo, del Palladio con affreschi dello Zelotti, le cosiddette "Cornaron" e "Cornaretta" a Poisolo e la Ca' Amata sulla Postumia, del Rizzetti. Su progetto dello Scamozzi, inoltre, i Corner fecero innalzare due palazzine (affrescate da Orazio del Paradiso) ed un giardino (ridisegnato poi alla fine del Seicento) sui terreni del demolito palazzo dei Morosini, tanto sontuoso nell'organizzazione dei giardini da passare alla storia col nome di "Paradiso".
Alla metà del sec. XIX, però, le due palazzine furono sostituite dal complesso di villa Revedin-Bolasco, edificato su progetto del Meduna nel gusto revival dell'epoca e immerso in un parco all'inglese considerato allora tra i più affascinanti del Nord-Es t.
Il sec. XVI diede un impulso straordinario all'edilizia urbana, spinta dal ruolo mercantile sempre più rilevante, che fece diventare Castelfranco tappa obbligata dei tragitti di commercio tra gran parte dell'Europa e Venezia. Sorsero allora, dentro e fuori le mura, alcuni tra i più bei palazzi. Tra essi, meritano particolare menzione palazzo Spinelli-Guidozzi e palazzo Piacentini, con i loro affreschi di facciata di scuola veronesiana.
Anche la pittura fu in questi anni ricca di valenti artisti. Giovan Battista Ponchini, Paolo Piazza, Giovan Battista Novello, i fratelli Cesare e Bartolomeo Castagnola, Pietro Damini, Orazio del Paradiso ed altri ancora si prodigarono per impreziosire con tele e affreschi chiese, palazzi e capitelli.
Le loro opere conservate in città rappresentano una preziosa testimonianza di un fare pittorico influenzato prevalentemente dal Veronese, dai Bassano e dal Palma. E, sulla loro scia, altri pittori locali per oltre cent'anni trovarono costante ispirazione in un'arte ormai oltremodo manierata.
Se il sec. XVII non portò grandi rinnovamenti, fu durante la prima metà del sec. XVIII, al seguito delle idee illuminate dei componenti della famiglia Riccati e del cenacolo che attorno a loro si creò, che Castelfranco ebbe un nuovo forte impulso, soprattutto edilizio. Interventi come l'erezione del Duomo e del Teatro Accademico ad opera del Preti e la ristrutturazione e la costruzione di altri edifici dentro e fuori le mura (l'Oratorio del Cristo, quello delle Grazie, villa Barbarella, i palazzi Duodo, Novello, Pulchieri e Riccati, il complesso di S. Giacomo dei Serviti, ecc.) conferirono alla città sostanzialmente il volto che la caratterizza tutt'oggi. In questo secolo non vi furono pittori autoctoni di particolare capacità, tuttavia la presenza di artisti giunti in città contribuì ad arricchirne il prestigio: basti citare l'importante ciclo ad affresco di Gaspare Diziani a palazzo Riccati e gli affreschi e le opere lasciate da Egidio Dall'Oglio.
Nonostante il Melchiori testimoniasse la ricchezza dell'attività commerciale, artigianale e di traffico straniero nei primi decenni del Settecento, la crisi politico-economica dello Stato Veneto non tardò a far sentire i suoi effetti anche a Castelfranco, che vide bloccarsi la precedente euforia edilizia e vide l'avvio della graduale soppressione di conventi e chiese. 
La caduta della Serenissima e i primi anni di dominio straniero rappresentarono un periodo di caotica transizione, al quale fece seguito, sotto l'Austria, una lenta rinascita economica, culturale e edilizia.
 L'Accademia dei Filoglotti, cenacoli artistico-culturali o restauri e costruzioni di nuovi edifici pubblici e privati (Teatro Accademico, villa Revedin-Bolasco, ecc.) chiamarono in città numerosi artisti di spicco del tempo, tra i quali il Chiarottini, il Canal, il Borsato, il Bevilacqua, o più tardi il Bagnara, il Santi, il Meduna.
Francesco Olivetti e Alessandro Revera furono, in questi anni, i pittori di Castelfranco di maggior talento.
Di particolare rilevanza, nei primissimi anni del secolo, fu la formazione di quella che rappresenta attualmente la vera pinacoteca cittadina, ovvero il gruppo di opere conservato nel Duomo. Costituita inizialmente per raccogliere le pitture che rischiavano di essere disperse a causa della soppressione di chiese e conventi, con l'eccezione degli affreschi del Veronese e dello Zelotti strappati dalla demolita Soranza, la raccolta custodisce un nucleo di dipinti degno di un grande museo.    
 I lavori del Passeggio Dante, che precedettero di un anno l'annessione al Regno d'Italia, dettero inizio, nella ormai quasi ritrovata libertà, a tutta una serie di interventi riguardanti principalmente spazi urbani aperti e edifici pubblici: la sistemazione dei giardini davanti alle mura, con la successiva erezione del monumento a Giorgione, la costruzione del nuovo Municipio, della stazione ferroviaria, ecc.Verso il 1889 anche Castelfranco si dotò di un museo (chiuso con la Seconda Grande Guerra, e più riaperto), nel quale confluirono opere di vario genere e di diversa natura. Poco prima, Luigi Tescari formò un'invidiabile collezione ricca di oltre 370 dipinti, alcuni dei quali giunsero col tempo al museo. In questi anni, Noè Bordignon e i fratelli Tessari furono le personalità artistiche di maggior interesse.
Angolo delle mura da sud-est (litografia)
La prima metà del Novecento, funestata dalle due grandi guerre, fu un periodo che sotto molti punti di vista può essere considerato di stasi, o meglio ancora di attesa. Sarà con la ricostruzione del dopoguerra che, accanto ad un'impennata dell'edilizia soprattutto privata, la città manifesterà una nuova volontà di rilancio artistico-culturale che troverà, assieme all'attività svolta da artisti come Bruno Gherri Moro, Giorgio Dario Paolucci ed altri ancora, nei primi anni Sessanta, uno dei punti culminanti nell'organizzazione dei Premi Giorgione. La successiva, ininterrotta attività espositiva, svolta principalmente nelle sedi di Casa Giorgione e della Galleria del Teatro Accademico, alla quale si sono affiancate da alcuni anni esposizioni tenute dalle gallerie d'arte e antiquarie, rappresenta oggi uno tra gli stimoli cultural-artistici più vivi di Castelfranco.