D’obbligo
una visita al settecentesco Duomo (12), la cui facciata, peraltro, fu
realizzata solo nel 1893 senza rispettare integralmente i disegni
lasciati dal Preti. All’interno, accanto al transetto destro si apre la
cappella Costanzo, in cui è conservata la splendida Pala “Madonna in
trono col Bambino tra i santi Giorgio (o Liberale o Nicasio) e
Francesco” (13) dipinta da Giorgione attorno al 1505. L’opera gli era
stata commissionata da Tuzio Costanzo probabilmente in occasione della
morte del figlio Matteo (di cui si vede posata sul pavimento la lastra
tombale), giovane condottiero al servizio della Repubblica di Venezia
spentosi nel 1504 a Ravenna.
“Ma oltre alla sua celebra pala, - ha scritto lo storico dell’arte
professor Giampaolo Bordignon Favero – Castelfranco conserva nel suo
duomo molte opere, specie di pittura, provenienti sia dalla chiesa di
dentro, sia da abbattuti edifici conventuali e chiese del luogo, come da
ville che la calata napoleonica soppresse col suo destino di novità e
distruzione.”
Ricordiamo innanzitutto gli affreschi di Paolo Veronese e Battista
Zelotti, ora nella sacrestia, i quali furono strappati all’inizio
dell’Ottocento da villa Soranza, non lontana da Treville e da Sant’Andrea
oltre il Muson, prima che venisse demolita. La tela dell’altar maggiore
della chiesa vecchia raffigurante la “Liberazione delle anime dal
Limbo”, eseguita da Giovanni Battista Ponchino (Castelfranco 1500 circa
– 1570), è collocata nell’abside.
Su diversi altari e nella sacrestia si trovano opere dei pittori
castellani Paolo Piazza e Pietro Damini e di Jacopo Bassano, Palma il
Giovane, Annibale Carracci, Francesco Maffei, tutti operanti tra il XVI
ed il XVII secolo.
Sull’altare del transetto di destra vi è il gruppo statuario
dell’”Assunta tra i santi Liberale e Giovanni Nepomuceno” di Giuseppe
Bernardi, detto il Torretto, maestro di Antonio Canova.
Usciti dal duomo è possibile visitare, rivolgendosi al personale della
segreteria, il Teatro Accademico (14), settecentesco, ma completato
all’inizio dell’Ottocento in maniera difforme, anche in questo caso, dai
progetti del Preti; l’edificio, dietro una sobria facciata, cela interni
di rara eleganza, restituiti all’originario splendore da un’impegnativa
opera di restauro conclusasi nel 1975.
Visitato il settore del centro storico compreso entro la cerchia delle
mura, si passa nuovamente sotto il torrione e si segue dapprima via
Riccati, lasciando sulla destra la chiesa di S.Giacomo, del XVIII
secolo, un tempo annessa al convento dei Serviti; superato il ponte
delle guglie, si prosegue per borgo Treviso osservando, a sinistra, i
palazzi Riccati degli Azzoni Avogadro, sette-centesco (ma la facciata
risale al 1908), e Colonna Preti, costruito nel XVI secolo e restaurato
all’interno con radicali modifiche nel XVIII. Subito dopo si raggiunge
la ottocentesca villa Revedin Bolasco (15), sorta dopo l’abbattimento di
due palazzi gemelli del XVII secolo.
Dietro e su un lato del grande complesso architettonico (che comprende
anche un’ interessante scuderia) si apre il parco (16), uno dei più
belli e romantici del Veneto.
Esso occupa un’area di oltre 80.000 metri quadrati e include, fra
l’altro, un laghetto, rilievi artificiali del terreno, statue, veri
edifici e l’”arena”; che era non un teatro all’aperto, come spesso si
crede, bensì un maneggio.
Un cenno infine merita la chiesa di Santa Maria Nascente della Pieve
nuova, progettata nel Settecento da Giordano Riccati, ad eccezione del
pronao, il cui disegno si deve ad Antonio Lazzari (XIX secolo).
L’edificio sacro è posto in Borgo Pieve (presumibilmente il più antico
nucleo medioevale della città, forse insieme con quello di San Giorgio),
nelle immediate vicinanze della stazione ferroviaria.
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